Ma il caffè fa male al cuore?

Quante volte il medico si sente porre questa domanda dai pazienti?

tazza e chicchi di caffè
Foto: Mike Kenneally

Honorè de Balzac, il re dei romanzieri di Francia, viene spesso citato per le sue (si dice) 50 tazze quotidiane, tanto amate da averlo portato fino alla stesura di un piccolo Trattato sul caffè: “Il caffè giunge nello stomaco e tutto mette in movimento: le idee avanzano come battaglioni di un grande esercito sul campo di battaglia; questa ha inizio… I pensieri geniali e subitanei si precipitano nella mischia come tiratori scelti”
Il caffè è il secondo prodotto più commerciato al mondo, dopo il petrolio.
Per valutare gli effetti del caffè l’attenzione è stata rivolta al contenuto di caffeina. Tale sostanza è presente anche nel tè, nel cacao ed è aggiunta anche ad alcune bibite.
In Italia una tazzina di espresso fornisce 50 mg di caffeina, mentre una tazzina di moka ne fornisce circa 120 mg. Ne deriva che: il caffè del bar contiene meno caffeina del caffè di casa; il caffè “lungo” contiene in genere più caffeina di un caffè ristretto.
Nel chicco di caffè non trattato, sono presenti circa 900 sostanze diverse: proteine, lipidi, carboidrati, minerali, vitamine, polifenoli. La tostatura, più o meno accentuata, risulta decisiva per l’aroma e comporta la perdita per denaturazione di gran parte delle proteine, ma anche l’aumento della concentrazione di sostanze definite per brevità  antiossidanti.
Una pubblicazione sul British Medical Journal nel 2017 ha revisionato 219 metanalisi di vari studi precedenti in vari paesi del mondo sull’associazione tra il consumo di caffè e qualsiasi effetto sulla salute della popolazione adulta; sono stati esclusi i soggetti intolleranti.
Il consumo di caffè risultava più spesso associato al beneficio che al danno in termini di risultati di salute; le stime riassuntive indicano che la maggiore riduzione del rischio era presente con assunzioni da tre a quattro tazze al giorno rispetto a nessuna, comprese tutte le cause di mortalità , mortalità  cardiovascolare e malattia cardiovascolare.
Il consumo elevato di caffè è stato associato rispetto al basso consumo a un rischio inferiore del 18% di cancro. Il consumo era anche associato a minor rischio di diversi tumori specifici e patologie neurologiche, metaboliche ed epatiche. Le associazioni nocive sono state in gran parte associate al concomitante tabagismo e venivano annullate togliendo dall’analisi il fumo.
Mentre in gravidanza, il consumo elevato di caffè contro consumo basso o nessun consumo è stato associato al basso peso al momento del parto, nascita prematura e aborto. E’ stata evidenziata anche un’associazione tra bere il caffè¨ e il rischio di frattura nelle donne ma non negli uomini.
Gli autori di questa rassegna comunque sottolineano la necessità  di ulteriori studi per capire se le associazioni osservate sono causali, ma, fatte salve le condizioni sopraccitate, le evidenze ci consigliano di bere il caffè.


“Per prendere un caffè e tradire la moglie c’è sempre tempo.”
(Totò, Antonio De Curtis)

A cura del Dott. Enri Gliozheni, specialista di cardiologia del nostro Poliambulatorio

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